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Cottolengo per i più fragili

‘Ogni giorno siamo chiamati a rinnovare la nostra fedeltà al carisma del Cottolengo nelle mutate circostanze odierne, e così affrontare le sfide di questo tempo come occasione di vita nuova e di letizia evangelica.
Uno sguardo alla storia ci fa dire che, da quel 17 gennaio 1829, giorno in cui don Giuseppe Cottolengo iniziò la Piccola Casa della Divina Provvidenza aprendo a Torino, in via Palazzo di Città, il Deposito per i Poveri infermi, fino a oggi, ci sono stati cambiamenti epocali sia da un punto di vista politico e sociale che in ambito ecclesiale.
Il Vangelo di Gesù Cristo, che da oltre duemila anni viene proclamato e vissuto da colore che hanno la grazia di accoglierlo, necessita di essere annunciato con linguaggi sempre nuovi e modalità diverse; dunque anche la Piccola Casa ha visto più volte mutare la sua forma organizzativa, sempre attenta però a non smarrire il carisma originario, la sua identità e la sua missione.
Quando si ha la grazia di scoprire che la pienezza della vita ha il volto di Dio, e che tutti i piccoli “veri perché” che possono dare un senso alla nostra esistenza non sono che parte del “grande perché” a cui tendiamo, rivelatoci dal Vangelo, ogni giorno può diventare una straordinaria avventura.
Le motivazioni interiori sono il motore che muove le nostre mani e i nostri piedi in una determinata direzione, e soprattutto fanno battere il nostro cuore per ragioni convincenti. Per questo, prendersi cura della dimensione spirituale della nostra vita è essenziale per alzarsi al mattino con una forza motivazionale utile ad affrontare le gioie e i dolori che la giornata riserva. Quanto è importante trovare un possibile senso a tutte le immancabili fatiche che ognuno di noi deve affrontare; che dono poter vivere per uno scopo credibile e vero, capace di orientare il proprio cammino! Tutti abbiamo assolutamente bisogno di un perché per vivere il come che la vita ci riserva; tutti abbiamo la gioiosa e grave responsabilità di aiutare coloro che la Provvidenza ci fa incontrare – e ancor più quanti vivono esperienze di solitudine e abbandono e sono affidati alle nostre cure, a percepire che anche la loro vita è importante, dignitosa e può avere un senso.’
Padre Carmine Arice